Wikiradio 218 - Anton Giulio Mancino - Pier Paolo Pasolini e il romanzo delle stragi - 14-11-2012.mp3

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Wikiradio

Anno: dal 2011

Genere: Cultura

Durata: LUN - VEN 14.00 - 14.30

Rete: Radio 3

A cura di Federica Barozzi

con Giancarlo Mancini, Clementina Palladini e Lorenzo Pavolini

Le musiche sono scelte dalla redazione di Musicatre



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Wikiradio costruisce giorno per giorno una sorta di almanacco di cose notevoli ed utili da sapere per orientarsi nella nostra modernità. Ogni puntata racconta un evento accaduto proprio nel giorno in cui va in onda, intrecciando il passato con il presente, la memoria storica con ciò che oggi essa significa per noi.

Dalla storia all'economia, dal cinema alla scienza, la letteratura, il teatro, le arti visive, la musica, i grandi momenti che hanno segnato un punto di svolta raccontati da esperti, studiosi, critici, con spezzoni di repertorio, sequenze cinematografiche, brani musicali, in un articolato mosaico che vuole restituire agli ascoltatori tutti i significati possibili di un avvenimento.

Il nome ricorda volutamente Wikipedia, infatti il programma auspica di creare una libera enciclopedia di voci narranti.



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14-14-2012



ANTON GIULIO MANCINO



racconta



PIER PAOLO PASOLINI



E IL ROMANZO DELLE STRAGI



Era il 14 novembre del 1974 quando Pasolini, sulle colonne del Corriere della Sera, scriveva di sapere. Diceva di conoscere i motivi dei golpes e delle stragi, i nomi dei mandanti e degli esecutori, di aver compreso le strategie e le fasi della tensione che anche in quell’anno maledetto, carico di violenza e di morte, avevano contaminato intimamente la vita politica, la vita sociale e quella privata di ogni italiano. Anni quelli in cui la quotidianeità fatta di bombe e assassinii faceva paura a molti; mentre ad altri, molti pure quelli, quella quotidianeità sembrava solamente lo stretto vicolo del presente che porta alla grande piazza del domani: ed eccoli li, in tanti, sempre di più, proprio nelle piazze a gridare il loro dissenso ed i loro sogni. Tutti comunque troppo ignari o ignoranti di quella insinuosa trama eversiva che sembrava ora vacillare ora aver raggiunto il suo apice.

È in questo clima ma soprattutto contro questo clima che Pasolini leva la sua voce e la sua penna, con decisione. Scrivendo nero su bianco frasi lucide e taglienti vuole turbare e scuotere a modo suo quell’equilibrio precario e artificioso, delineato vent’anni prima sui tavoli di Yalta e sottoscritto nel nostro paese a partire dagli anni ’60 col sangue di molti, troppi uomini. Le sue parole si insinuano in una aria resa pesante tanto dai lacrimogeni quanto dai sogni confusi di una generazione. Un sistema politico in crisi, una società confusa, una violenza diffusa e spietata: è un paese governato eppure ingovernabile, è una rivoluzione attesa eppure impossibile, è la strategia della tensione. Pasolini intuisce che per resistere in quegli anni, per non caderne vittima o esserne complice, occorre avere un pensiero forte, un’idea chiara, in grado di vincere la paura e la distrazione.

Pasolini dice ciò che pensa sia giusto dire e per questo viene processato, isolato, ucciso. E' la parabola profetica di tanti che prima e dopo di lui hanno provato ad tracciare un sentiero di intelligenza ed umanità in un secolo tanto breve quanto tremendo. Coloro che oggi vogliono tener viva la memoria di quegli anni bui a uomini come lui devono molto, moltissimo. Cosa ci chiederebbero oggi questi uomini, sognatori, uomini di fede, intellettuali, poveri cristi che hanno provato ad illuminare con l'olio carissimo che scorreva nelle loro spesso giovanissime vene questo buio novecento? Cosa ci chiederebbe oggi Pasolini? Forse semplicemente di rileggere quello che scrisse trent’anni fa e, questa volta, di ascoltarlo.



"Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).



Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.

Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.



Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.



Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).



Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum.



Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).



Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.



Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari.



Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.



Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.



Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti.



Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile..."



Dal "Corriere della sera" del 14 novembre 1974 col titolo "Che cos'è questo golpe?"



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Casablanca (1942) di Michael Curtiz



As times goes by cantata da Dooley Wilson.



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ANTON GIULIO MANCINO, ricercatore universitario, critico cinematografico, saggista, insegna Semiologia del Cinema e degli Audiovisivi e Realizzazione di Documentari presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Macerata dove è strutturato, e Semiologia del Cinema e degli Audiovisivi presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bari. Membro del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) e della Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica (FIPRESCI), dal 2001 al 2004 e dal 2009 al 2012 è selezionatore della Settimana Internazionale della Critica della Mostra del Cinema di Venezia. E’ autore dei volumi Angeli selvaggi. Martin Scorsese, Jonathan Demme c/o Hollywood Usa (prefazione di Roger Corman, Chieti, 1995), Francesco Rosi (con Sandro Zambetti, Milano, 1998), John Wayne (Roma, 1998), Il processo della verità. Le radici del film politico-indiziario italiano (Torino, 2008), Sergio Rubini 10 (con Fabio Prencipe, Alessandria, 2011), curatore del volume Sergio Rubini. Intervista (con Fabio Prencipe, Foggia, 2000) e Giancarlo Giannini. Il fascino discreto dell’interprete (con Gianni Volpi, Nardò, 2002). Di prossima pubblicazione: La recita della storia. Il cinema di Bellocchio da Moro a Mussolini (Bulzoni, 2012). I suoi più corposi contributi, apparsi su volumi o riviste, riguardano principalmente il cinema italiano e americano, il melodramma e in generale sui generi cinematografici, il cinema politico e irapporti tra cinema, storia e letteratura.



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